Chi fossero Diego Rivera e Frida Kahlo ormai è universalmente noto. Il nome di Frida, in particolare, porta con sè un connubio di concetti talmente ampio da averla tramutata, nella contemporaneità, in un’icona femminile quasi più potente della fama di cui il suo stesso compagno di vita certo non difettava.
Quando le strade di due artisti si intersecano sconfinando nel legame affettivo è naturale che ne derivi una risonanza che investe la coppia e le sue vicende, generando un unicum pressoché indissolubile tra immagine pubblica e privata. Un’analisi grafologica che accosti le scritture di questi due impegnativi personaggi puo’ consentire di osservarli prima singolarmente nei loro aspetti di personalità più caratterizzanti e successivamente addentrarsi nelle pieghe del loro intreccio amoroso. Perché, per quanti fiumi di inchiostro siano straripati nei carteggi tra Frida e Diego (o con loro conoscenti ed amici) e che ci informano dei contenuti in essi espressi, l’indagine grafologica di alcuni manoscritti puo’ aiutarci a superare delimitazioni troppo nette e restituirci la verità della persona oltre gli abiti del personaggio che indossa.
Certamente, un primo colpo d’occhio, ci mette di fronte a similitudini di superficie tra le scritture dei due amanti ma il tracciato di Frida si presenta estremamente più accurato e rigido specie negli anni giovanili (cfr. lettera risalente al 1922 ed indirizzata ad Alejandro Gomez o un’altra rivolta a Rivera del 1935). Negli anni successivi, queste peculiarità vanno attenuandosi e lì dove la stesura avviene più di getto (cfr. lettera con baci in calce al foglio) l’eccessiva attenzione formale cede il passo ad una più spiccata fluidità che ha dunque un’immediata ricaduta sulla flessuosità del tracciato e personalizzazione dei collegamenti tra le lettere: la scioltezza del proporsi si coniuga con una minore aderenza a modelli precostituiti cui riferirsi.
Per quanto l’assenza di una valutazione dal vivo degli scritti ci impedisca di definire le effettive dimensioni della grafia rispetto al foglio, è tuttavia legittimo affermare che il grafismo della Kahlo manifesta una strutturazione decisa in cui il soggetto scrivente non è mai ritroso o indeciso nell’occupazione dello spazio ovvero dell’ambiente di vita. Le lettere ad ovale, che coincidono con l’ “io”, non subiscono marcate variazioni dimensionali e ne definiscono la tenuta e solidità. E’ molto presente la coscienza di sé e il Sé di Frida è un Sé materico, corporeo in cui la concretezza impregna sia l’espressione del sentimento determinandone la sua schietta manifestazione, sia le azioni quotidiane dell’esistenza.
Il mancato slancio della grafia verso l’alto o il suo radicamento in basso (“allunghi superiori” e “inferiori” con sviluppo ridotto) porta ad una centratura sulla propria persona e all’indispensabilità delle relazioni sociali affinché questa centratura possa conservarsi integra.
La grafia di Diego Rivera evoca quella di sua moglie per l’inclinazione a destra del tracciato, un buon grado di leggibilità, un’occupazione spaziale ampia della pagina, una solidità altrettanto considerevole degli ovali. Entrambi si servono di un codice di leggibilità differente rispetto ad un eventuale destinatario, ma Rivera si mostra più incurante della forma rispetto a Frida che al contrario preserva con più sistematicità l’estetica del suo prodotto grafico. Rivera appare più impetuoso nel procedere (margine destro stretto), pungente (vedi “p”, tagli delle “t”) ed essenziale (assenza di elementi accessori). Anche a lui non manca fiducia in sé e nelle proprie capacità così come una buona propensione a stabilire entusiasticamente legami col prossimo (collegamenti tra le lettere, pendente, tendenza all’ascendenza del rigo).
La parte vitale e trascinante del memorabile incontro di Rivera e della Kahlo è certamente imputabile ad una comune spinta di curiosità verso l’ambiente circostante che ne ha alimentato le evoluzioni artistiche per “assimilazione” sicché lo scambio con l’esterno veicolava quello interno alla coppia, sia sotto il profilo professionale che nel privato. Ma è anche vero che la forte presenza di carattere di entrambi abbia potuto rappresentare un costante attizzatoio di passione tanto quanto di incomprensione e conflitti poiché a nessuno dei due era gradito un posto in seconda linea.
Rivera impose se stesso con la materializzazione “scenica” del suo talento e le sue smaccate trasgressioni, Frida seppe tradurre gli infiniti limiti e sofferenze di cui la vita la gravò in opportunità per creare un’icona al femminile senza precedenti grazie alla sua comunicazione esplicita e priva di vergogne. E Frida, soprattutto, inventò se stessa prima ancora di noi, attraverso la costruzione lucida del suo personaggio, servendosi con disinvoltura del mondo come puro sfondo di rappresentazione e replica di una vita ineguagliabile. La sua.