Jules Verne è ritenuto uno dei più accattivanti fra gli scrittori di avventura.
I suoi romanzi affrontano delle tematiche talmente rivoluzionarie per i tempi in cui visse che egli fu a buon diritto inserito nel filone fantascientifico. Basti pensare a Ventimila leghe sotto i mari, Viaggio al centro della Terra o Il giro del mondo in 80 giorni, ritenute fra le sue opere di spicco, per comprendere la portata del suo contributo che fu sì letterario, ma non solo.
I protagonisti delle storie tratteggiate da Verne si muovono sullo sfondo di scenari che sconfinano la realtà conosciuta e trascinano il lettore lungo un percorso in cui i colpi di scena si susseguono a ritmo incalzante senza soluzione di continuità.
Come accade per tutti i personaggi di genio indiscusso su cui pesa una fama generata da narrazioni indirette di chi venne a contatto con loro, anche nel caso di Verne possiamo attingere ad alcuni suoi manoscritti per verificare chi lui fosse intimamente e quali caratteristiche gli consentirono di distinguersi nel suo modo narrativo così unico.
La grafia esprime sobrietà poiché manca di elementi “accessori”, è personalizzata ma conserva un buon grado di leggibilità e si colloca nello spazio del foglio in maniera ordinata ed equilibrata.
Se dovessimo trasporre queste caratteristiche sul piano intellettivo, potremmo certamente attribuire a Giulio Verne un’estrema chiarezza di pensiero in cui idee precise e distinte rappresentano il fondamento della sua ricerca di uomo e studioso. Perché ricercare è la parola d’ordine emergente da questa scrittura che sarebbe potuta appartenere senza dubbio ad uno scienziato prima ancora che ad un letterato.
Ben oltre la trama ben congegnata di una storia da porgere al pubblico dei lettori, tutte le informazioni di natura geografica, fisica, chimica, tecnologica, ingegneristica, condensate dal Nostro nei racconti sono ammantate da un gusto per il dettaglio che soltanto una mente avvezza all’indagine approfondita avrebbe potuto partorire. La grafia di Verne, così scarna ma non per questo meno ricca, orientata all’analisi tanto quanto alla sintesi (le lettere alternano tra loro collegamenti e “stacchi”), priva di esuberanze che porterebbero ad una dispersione in fantasie o ad una sottomissione agli istinti (“allunghi” inferiori e superiori misurati ed asole poco rigonfie) suggerisce l’interesse del soggetto verso temi di natura concreta, che investono le questioni pratiche della vita dell’uomo. Insomma, l’istinto primario di Verne è rivolto alla ricerca scientifica, ma non si ferma fra le pareti di una stanza. L’intento è di divulgare ciò che la sua estrema curiosità (inclinazione a dx dell’intero testo) lo porta a scoprire anche attraverso la passione per il viaggio. E grazie a questo spirito di esplorazione che non si chiude in se stesso ma si proietta sull’esterno in misura direttamente proporzionale a ciò che rintraccia “all’interno” si estrinseca il talento letterario di Jules Verne.
Se si osservano i margini del foglio, è interessante notare come il sinistro, già di per sè molto ampio, tenda ad allargarsi ad ogni nuova riga, mentre il destro, a dispetto della proiezione complessiva della grafia verso destra, si mantenga più contenuto e regolare. Un’impellenza alla fuga dal luogo di “origine”, ma anche da tutto ciò che è tradizione e passato (sinistra) ed un’urgenza di raggiungere l’obiettivo prefissato senza troppi passaggi intermedi e rallentamenti si abbina con una ponderazione che frena l’azione dell’osare fino in fondo (margine dx, tracciato controllato, assi letterali paralleli, largo tra parole).
Forse proprio per questo motivo, la letteratura diventa pretesto per esprimere concetti eccessivamente “visionari” per il suo tempo, ma accettabili se funzionali ad un racconto inventato. E Verne, infatti, inventa ma non è un sovversivo. La sua originalità grafica non è così spinta da indurci ad ipotizzare un’esigenza di innovazioni radicali tali da mettere in discussione aspetti del pensiero contemporaneo. Tuttavia, pur mantenendosi rispettoso in tal senso, Jules Verne non potè sottrarsi dal comunicare le sue conoscenze, frutto di intensi studi ed esperienze sul campo, mediante le sue storie avventurose e soprattutto senza poter immaginare che ciò che allora sembrava fantascienza nel secolo successivo si sarebbe tramutata in realtà.